Probabilmente molti di noi pensano alle auto elettriche come i “nuovi mezzi di trasporto” destinate a sostituire le tradizionali automobili a combustione. Tuttavia, la storia dell’auto elettrica non è poi così recente, una storia lunga circa 200 anni che è stata attraversata da intuizioni, colpi di scena e sorpassi clamorosi.
Dobbiamo tornare indietro fino all’Ottocento per risalire ai primi progetti e i primi modelli di auto elettriche messi in commercio.
I primi veicoli alimentati a batteria, infatti, riscossero fin da subito un gran successo, ma subirono nei primi anni del ‘900 una cocente sconfitta nei confronti dei modelli con motore a scoppio che presero il sopravvento, oscurando completamente il mercato dell’elettrico.
Facciamo un salto indietro di 200 anni e ripercorriamo le fasi salienti della storia dell’auto elettrica. Siamo attorno al 1830 quando l’imprenditore scozzese Robert Anderson ideò la prima carrozza elettrica e negli stessi anni, precisamente nel 1835, il professore olandese Sibrandus Stratingh progettò il primo modello di auto elettrica, costruita in seguito dal suo collaboratore Cristopher Becker.
Da qui iniziò una fase di sperimentazione e di innovazione che condusse ad un miglioramento notevole delle prestazioni delle batterie grazie ai francesi Gaston Plante nel 1865 e Camille Faure nel 1881, i quali diedero una grande spinta allo sviluppo e alla diffusione dell’elettrico in Europa, soprattutto in Francia e in Gran Bretagna, testimoni dello sviluppo del mercato elettrico.
In questi stesso anno Gustave Trouvé girò a Parigi con un triciclo elettrico alimentato con una batteria a piombo, da molti considerato il primo mezzo di trasporto elettrico della storia.
Anche gli Stati Uniti cavalcarono la rivoluzione portata dai veicoli elettrici. Basti pensare che nel 1900 il 34% delle vetture presenti sulle strade di New York, Boston e Chicago erano alimentate a batteria e dal 1897 venne attivato un servizio taxi urbano completamente elettrico con ben 100 veicoli.
L’ingegnere e imprenditore austriaco Ferdinand Porsche nel 1899 lanciò senza però ottenere il successo sperato la Lohner-Porsche “Mixte”, un veicolo con motore ibrido elettrico e a scoppio che registrava una velocità massima di 34 km/h e aveva un’autonomia di 80 km.
In Italia la prima auto elettrica venne costruita da Giuseppe Carli, fra il 1890 e il 1891, su un progetto del suo collaboratore Francesco Boggio.
Un’auto che pesava 140 kg e con una potenza di 1 cv, raggiungeva la velocità massima di 15 km/h e aveva un’autonomia di 10 ore.
All’inizio del ‘900 le auto elettriche portavano con sé grandi vantaggi rispetto alle auto a combustione che erano particolarmente rumorose, avevano problemi di avviamento, di eccessivo surriscaldamento ed emissione di fumi. I veicoli elettrici risultavano ottime per la circolazione urbana, grazie alla semplicità di guida, la silenziosità, l’assenza di vibrazioni e la poca manutenzione necessaria.
Di contro la velocità premiava le auto a combustione rispetto a quelle elettriche che raramente superavano i 30 km/h, fin quando nel 1899 la vettura a monoposto a forma di siluro, la Jamais Contente, toccò la velocità di 105 km/h, diventando la prima auto in assoluto, non solo fra le elettriche, a superare il muro dei 100 km/h.
Tuttavia, a partire dagli anni 20 del ‘900, la Seconda Rivoluzione Industriale condusse allo sviluppo tecnologico per i veicoli tradizionali, come ad esempio l’introduzione del radiatore che risolse il problema del surriscaldamento e del motorino di avviamento elettrico che sostituì la scomoda accensione con manovella. A ciò si aggiunse la scoperta di nuovi giacimenti petroliferi e il conseguente ribasso del prezzo della benzina.
Queste invenzioni favorirono l’ascesa delle auto a combustione che sorpassarono le auto elettriche, le quali persero l’iniziale interesse suscitato e subirono una brusca frenata anche per via delle basse velocità raggiunte e della scarsa autonomia delle batterie.
Oggi siamo noi a dover riscrivere una nuova fase della storia dell’auto elettrica.
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